Bambini farfalla: quando la pelle diventa un nemico

2023-03-08 17:32:28 By : Mr. Michael Song

Molti di voi avranno sicuramente sentito parlare dei “bambini farfalla” in qualche documentario o articolo comparso sul web. Nello specifico, si parla di bambini affetti da una rara malattia genetica che provoca vesciche cutanee molto dolorose: l’epidermolisi bollosa. Esiste una cura?

I bambini farfalla sono bambini affetti da una malattia genetica rara chiamata epidermolisi bollosa. Vengono chiamati “bambini farfalla”, o “bambini pelle di cristallo” in Sud America, perché la loro pelle è fragile quanto le ali delle farfalle. Avrete, sicuramente, sentito parlare di Jonathan Pitre, il bambino farfalla di Ottawa deceduto nel 2018, proprio a causa di questa terribile malattia genetica. Diversi studi hanno stimato che l’incidenza della malattia dei bambini farfalla è di 50 persone su un milione di nascite. In particolare, qui in Italia, un bambino su 82000 può sviluppare l’epidermolisi bollosa. Jonathan Pitre è stato uno dei casi più famosi di bambini farfalla che nel 2014 rappresentò un argomento di cronaca di maggiore interesse. Furono realizzati diversi documentari e interviste che catturarono la quotidianità del ragazzo, costretto a convivere con questa malattia, in particolare con l’epidermolisi bollosa distrofica recessiva. Vesciche esterne e interne su tutto il corpo che lo costringevano a bagni regolari specifici per alleviare le ferite, bendaggi e creme. Il giovane diventò un punto di riferimento per molti per via del suo coraggio e sulla sua voglia di far conoscere al mondo questa terribile malattia. Nel 2016, all’ospedale pediatrico dell’Università del Minnesota, Pitre ha ricevuto un trapianto di cellule staminali prelevate dall’anca di sua madre. Purtroppo, però, quel trapianto fallì e il ragazzo rimase in attesa di un nuovo trapianto fino a quando, nel 2018, morì a 17 anni per complicazioni dovute a shock settico. L’aspettativa di vita, infatti, è molto ridotta anche per via dello sviluppo del carcinoma spino-cellulare aggressivo che provoca metastasi. Ma entriamo più nel dettaglio: cos’è l’epidermolisi bollosa?

L’epidermolisi bollosa, come già anticipato, è una rara malattia genetica che provoca la formazione di dolorose vesciche sulla pelle e sulle mucose, ovvero quelle parti di tessuto che entrano in contatto con il lume degli organi cavi come, per esempio, il canale digerente e quello respiratorio. Questa malattia può comportare delle complicazioni importanti come il restringimento esofageo, il carcinoma a cellule squamose, cicatrizzazioni che possono provocare la fusione delle dita di mani e piedi, alopecia, cecità, contratture articolari. I sintomi dell’epidermolisi bollosa vanno dalla fragilità della cute e delle mucose, causata dalla presenza di piccole vesciche, a vesciche molto più grandi che causano numerose cicatrici. Altro sintomo che genera molto dolore sono le piaghe, paragonate a vere e proprie ustioni di terzo grado. A cosa è dovuta questa malattia? L’epidermolisi bollosa è causata da una mutazione in almeno uno dei 16 geni coinvolti (in particolare i geni KRT5 e KRT14 che codificano per le cheratine 5 e 14) ed esistono diverse forme, di cui alcune si trasmettono con modalità autosomica recessiva e alcune con modalità autosomica dominante. Al momento si conoscono più di venti forme di epidermolisi bollosa che sono state raggruppate in tre classi:

La pelle, chiamata anche cute, è il rivestimento più esterno del corpo di un vertebrato e, nello specifico dell’essere umano, rappresenta l’organo più esteso dell’apparato tegumentario in grado di proteggere i tessuti sottostanti. È costituita da una serie di tessuti di origine ectodermica e mesodermica e, oltre ad avere una struttura propria, può avere colorazioni differenti e può andare incontro a processi d’invecchiamento più o meno visibili. Lo spessore della pelle, nell’essere umano, può variare da 0,5 a 2 mm per quanto riguarda il corpo, mentre può misurare anche 4 mm nel palmo delle mani, nelle piante dei piedi e nelle regioni della nuca. La cute, lo strato più esterno, è la regione che sovrasta l’ipoderma ovvero la regione di tessuto connettivo fibrillare lasso. Poi abbiamo tre strutture importanti come:

La pelle dei vertebrati è un rivestimento molto importante in quanto funge da vero e proprio mediatore tra l’organismo e il mondo esterno in cui vive, e, di conseguenza, svolge funzioni diverse:

Attualmente non esiste una cura vera e propria in grado di risolvere completamente il problema generato da questa rara malattia genetica. Esistono delle terapie che si limitano al trattamento delle ferite ma non correggono il difetto genetico. I pazienti effettuano delle medicazioni specifiche, circa ogni due o tre giorni, in grado di facilitare la guarigione delle lesioni, atte a ritardare, o evitare quando possibile, complicazioni come infezioni o cicatrici. Inoltre, il paziente potrebbe sviluppare molto facilmente tumori a livello cutaneo e proprio per questo necessita di una sorveglianza maggiore e di un controllo più specifico. Altro problema è quello della microstomia, ovvero della malformazione della bocca che consiste in un restringimento dell’apertura orale, che comporta una non indifferente difficoltà nell’assunzione del cibo. Proprio per questo motivo, infatti, molti bambini farfalla risultano essere sottopeso e anemici. Il fattore nutritivo, quindi, è molto importante e contribuisce per ovvi motivi al benessere di questi pazienti.

Come ben sappiamo, la scienza è in continuo movimento, non è mai statica ma sempre dinamica. La ricerca, infatti, sta andando avanti ad un ottimo ritmo e sta raccogliendo progressi un passo alla volta. Tra le ricerche più promettenti c’è l’infusione di collagene VII ricombinante somministrata per via endovenosa. In laboratorio, viene prodotta la proteina mancante nell’epidermolisi bollosa distrofica e viene infusa sempre per via endovenosa. In Minnesota, invece, è stata proposta la terapia cellulare con trapianto di midollo osseo (di cui vi abbiamo parlato in un articolo precedente) che ha visto l’andamento clinico dei pazienti affetti da epidermolisi bollosa distrofica migliorare notevolmente, ma purtroppo non è tutto ora quel che luccica poiché potrebbero esserci effetti collaterali potenzialmente letali. Attualmente, ci sono anche terapie specializzate nell’inibire le citochine responsabili di forme di epidermolisi bollose semplici. Anche, e soprattutto, la ricerca italiana sta facendo sentire la propria voce a testa alta come, per esempio, quella riguardante il trapianto autologo di cute geneticamente modificata e coltivata, una tecnica descritta per la prima volta dal ricercatore italiano Michele De Luca. Questa tecnica dopo aver avuto il primo slancio in Italia si sta sviluppando anche in altri Paesi del mondo per la sua funzionalità. Essa consente di risanare la cute di diverse aree del corpo attraverso un trapianto di cute riparata a livello genetico e poi coltivata in piastra.

Nel 2018, Michele De Luca e Graziella Pellegrini si sono aggiudicati il premio Lombardia è Ricerca per aver curato un bambino con epidermolisi bollosa. Il bambino in questione si chiama Hassan, un bambino siriano, residente in Germania, che all’epoca aveva dieci anni ed era a tutti gli effetti un bambino farfalla. “Hassan va a scuola e può giocare a pallone coi suoi coetanei, senza aver paura di sbucciarsi un ginocchio”, dissero De Luca e Pellegrini, cercando di sottolineare il fatto che azioni ritenute semplici e normali per un bambino della sua età, non lo fossero per il piccolo Hassan. Insieme a Tobias Hirsch, i due ricercatori hanno conquistato la seconda edizione del premio Lombardia è Ricerca, ottenendo un milione di euro, di cui 700mila da reinvestire in progetti da portare avanti con università, ospedali e istituti di ricerca lombardi.

Il tutto partì quando, nel 2015, Hassan era letteralmente in fin di vita con gran parte del corpo privo di pelle e infezioni sparse. I due ricercatori, quindi, furono contattati proprio dalla Ruhr Universitat di Bochum in quanto i chirurghi sapevano delle loro sperimentazioni cliniche in merito all’epidermolisi bollosa. Sul magazine della Fondazione Umberto Veronesi, sono state riportate le parole dei due ricercatori in merito al caso del bambino siriano come: “Non fu semplice dire di sì, perché, per la gravità della malattia, questo bambino non sarebbe rientrato nel nostro trial clinico. Ma la situazione era disperata: Hassan probabilmente sarebbe morto in pochi giorni”. De Luca si fece spedire una biopsia cutanea del bambino e, proprio da lì, iniziò la modifica del difetto genetico e lasciò ricrescere la pelle in vitro che raggiunse le dimensioni di un lenzuolo, circa. Successivamente, si passò alla seconda fase e i due ricercatori andarono in Germania per l’operazione effettuata da Tobias Hirsch. Si effettuò la sostituzione della pelle sui quattro arti e bendarono per una settimana il bambino che dovette rimanere immobile per tutto il tempo. Quando tornarono, affermarono che il risultato fu strabiliante in quanto la pelle stava ricrescendo in maniera del tutto uniforme sul corpo. Dopodiché si passò a intervenire anche sul resto del corpo. Il bambino, dopo l’intervento, non sviluppò più alcuna lesione derivante da epidermolisi bollosa. Ovviamente, alle spalle dei due ricercatori ci sono anni e anni di lavoro e studio. Arrivare a questo punto è stato possibile partendo dal trattamento delle ustioni, aggiungendo la terapia genica. “Per quanto riguarda l’epidermolisi bollosa siamo ancora in una fase di sperimentazione di fase 1, onde evitare facili illusioni. C’è da consolidare la pratica e soprattutto puntare a estenderla a tutti i bambini affetti dalla malattia, non soltanto a quelli colpiti dalla forma giunzionale di cui soffriva Hassan”.

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