La patologia traumatica costituisce in Italia, come in tutti i paesi industrializzati, la causa più frequente di morte nella popolazione di età inferiore ai 40 anni. E’ scientificamente dimostrato che un buon trattamento preospedaliero comporta una notevole riduzione della mortalità e della morbilità da trauma.
E’ necessario l’ incremento della professionalità del personale deputato al soccorso extraospedaliero attraverso una mirata formazione.
Il soccorso extra-ospedaliero si fonda sull’applicazione di un metodo che consente la valutazione e il rapido trattamento di quelle condizioni potenzialmente letali o lesive per la vita del paziente.
Tutti gli operatori coinvolti nell’emergenza extra-ospedaliera nel soccorrere il traumatizzato devono possedere conoscenze teoriche e competenza tecniche (Prehospital Trauma Care – Base) che permettono di fornire le prime cure.
La catena del soccorso traumatologico secondo le linee guida IRC (Italian Resuscitation Council) del Prehospital Trauma Care- Base che sono le più diffuse e utilizzate, prevede per il trattamento della patologia traumatica un metodo sequenziale costituito dalle seguenti fasi:
Nella VALUTAZIONE PRIMARIA occorre valutare le funzioni vitali della persona da soccorrere, stabilire le priorità e le modalità di intervento. Nello specifico bisogna individuare e trattare le lesioni che costituiscono una minaccia immediata per la sopravvivenza del paziente.
In questa fase si effettua la cosiddetta valutazione ABCDE:
Arresto Cardiaco Improvviso e Valutazione ABCDE: tecnica in fase intensiva.
A. Airways: valutazione dello stato di coscienza, pervietà delle vie aeree e stabilizzazione del rachide cervicale. B. Brething: respirazione e ventilazione. C. Circulation: circolo e controllo delle emorragie . D. Disability: valutazione neurologica . E. Exposure: rimozione degli abiti e prevenzione dell’ipotermia.
Nella valutazione del circolo e del controllo delle emorragie si valutano:
Il controllo delle emorragie è un insostituibile obiettivo necessario alla stabilizzazione cardiocircolatoria. I primi provvedimenti che l’ infermiere deve attuare per far fronte alle emorragie esterne sono rappresentati dall’applicazione della pressione manuale sul focolaio emorragico oppure dell’ utilizzo del tourniquet o del laccio emostatico.
La tecnica della “pressione diretta” è la più efficace e la meno dannosa per i tessuti. Una volta tamponata manualmente l’emorragia, la compressione va successivamente completata con l’applicazione di un pacchetto di garze bloccato da una fasciatura compressiva o benda elastica.
Questa tecnica può essere anche attuata nel caso di una ferita più o meno profonda dalla quale non si evidenzia una emorragia esterna , ma si manifesta la tumefazione dell’arto.
L’uso del tourniquet o del laccio emostatico è da preferire solo in circostanze estreme come emorragie non controllabili con la sola pressione manuale, la ferita di più feriti critici da soccorrere contemporaneamente, poiché determina la riduzione o l’arresto del circolo a valle del focolaio emorragico con il rischio di procurare un danno ischemico secondario.
L’utilizzo del tourniquet o del laccio emostatico invece è indicato per il controllo delle emorragie dal moncone di un arto amputato venendo a mancare il problema dell’ ischemizzazione dei tessuti a valle e nel caso di emorragie conseguenti a fratture esposte in cui è controindicato esercitare la pressione manuale in corrispondenza del focolaio di frattura.
Uno studio fondamentale ha evidenziato il concetto della GOLDEN HOUR (ORA D’ORO), stabilendo che il tempo intercorso tra il momento dell’incidente e il trattamento definitivo, che avverrà in sala operatoria, è critico. Perciò, per poter garantire al paziente traumatizzato il trattamento definitivo, non deve trascorrere più di un’ora di tempo dal momento dell’evento all’ingresso in sala operatoria. Quindi è fondamentale accorciare i tempi di soccorso e di trasporto dei feriti in ospedale per salvaguardare le funzioni vitali del paziente.
Spesso vengono trattati dei traumi vascolari .
Un trauma vascolare è una lesione di un’arteria o di una vena, a seguito di un trauma o di un colpo. Possono colpire il sistema arterioso, linfatico o venoso e solitamente si verificano più comunemente negli arti, soprattutto in quelli inferiori (nel 80-90% dei casi).
Essi rappresentano il 3% di tutti i traumi. Normalmente vengono associati alle lesioni neurologiche degli arti e o a quelle osteoarticolari.
I casi più frequenti sono l’emorragia o l’ischemia acuta.
È molto importante il tempo impiegato per somministrare il trattamento, poiché da ciò potrebbe dipendere la conservazione o l’amputazione dell’arto, nonché la speranza di vita del paziente.
I traumi vascolari possono essere penetranti o chiusi:
A causa di questi traumi si verifica molto spesso l’ emorragia. L’emorragia è la fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni. A seconda del vaso interessato, le emorragie si possono classificare in:
Inoltre, in base alla sede del sanguinamento, le emorragie possono essere classificate in:
Le emorragie esterne e quelle esteriorizzate sono le più semplici da riconoscere, in quanto è evidenziata direttamente la perdita di sangue.
Nelle perdite consistenti si hanno i segni tipici dello shock, quali polso piccolo e frequente, cute pallida e fredda, sudorazione abbondante e generalizzata, sensazione di nausea spesso accompagnata da vertigini, senso di debolezza, sete intensa, agitazione, ecc…
Nel caso delle emorragie interne, la perdita di sangue non è direttamente visibile, per questa ragione la si deve sempre sospettare sulla base della dinamica dell’infortunio e sulla presenza di segni suggestivi di shock.
In caso di emorragie esterne l’ infermiere deve :
Ciò deve avvenire mediante delle manovre, passando a quella successiva solo se la precedente non risulta efficace.
Nel controllo dell’ emorragia occorre che l’ infermiere effettui:
Ovviamente, affinché questa manovra risulti efficace, occorre conoscere con esattezza i punti su cui esercitare la compressione:
A) Per l’arto superiore:
B) Per l’arto inferiore:
• l’ arteria femorale; • l’ arteria poplitea.
• Applicazione del laccio emostatico: è una misura drastica, da utilizzare solo come soluzione estrema, in quanto il flusso di sangue è completamente interrotto e a valle dell’applicazione si possono avere complicanze anche gravi per la compressione, oltre che dei vasi, anche delle strutture nervose sottostanti. Poiché il rischio di lesioni è correlato al tempo di permanenza del laccio, occorre annotare l’ora di posizionamento e riferirla poi in Pronto Soccorso.
Anche la frattura può produrre spesso un’ emorragia.
La frattura è un’interruzione totale o parziale di un osso che può essere conseguente ad un trauma, di entità notevole nei soggetti giovani, ma anche di modesta entità nelle persone anziane la cui struttura ossea risulta particolarmente indebolita.
Nella frattura esposta se i monconi ossei perforano la cute, esponendosi all’ambiente si presenta spesso emorragia. La presenza di una ferita in corrispondenza di una frattura di un osso deve portare a considerare tale frattura come esposta.
Molto spesso quando si trattano le ferite si può presentare un’ emorragia. La ferita è una lesione di continuo della cute che, a seconda della profondità, può essere distinta in:
Oltre che per la profondità, le ferite possono essere classificate anche in base al loro aspetto e al mezzo che le ha determinate in:
Per quanto riguarda il trattamento, costituisce priorità assoluta la prevenzione dello shock, nei casi di ferite con emorragia, nonché il rischio di eventuali infezioni. Pertanto la procedura più corretta nella gestione delle ferite sarà:
Si possono evidenziare, inoltre, i segni clinici che permettono di valutare l’ eventuale presenza di infezione:
L’ emorragia si presenta anche in caso di amputazione di una parte del corpo.
Per amputazione si intende, infatti, la perdita traumatica di una parte del corpo, generalmente rappresentata da un arto o da parte di esso. È un evento grave. Attualmente, grazie ai progressi della microchirurgia, è spesso possibile reimpiantare l’arto amputato a meno che non sia stato gravemente danneggiato (ad es., per schiacciamenti o grosse distruzioni). Anche se il successo del reimpianto dipende da molti fattori, certamente ha grande importanza il tempo che intercorre tra il trauma e l’intervento chirurgico.
In linea di massima, tutti gli arti possono essere reimpiantati entro sei ore dal trauma. Il soccorso avrà un duplice obiettivo:
L’assistenza alla persona che ha subito l’amputazione ha, ovviamente, la priorità rispetto al reperimento della parte amputata e la prima manovra da effettuare è il controllo dell’emorragia. La prima misura da effettuare è l’applicazione di un bendaggio compressivo sul moncone residuo. Se il tamponamento non risulta efficace, si proseguirà con altre manovre comprendenti, nell’ordine, il sollevamento dell’arto amputato, la compressione dell’arteria a monte dell’amputazione e l’applicazione del laccio emostatico come ultima risorsa.
Per quanto riguarda la gestione della parte amputata è necessario che, dopo averla recuperata, sia conservata in modo corretto, al fine di poter procedere con successo al reimpianto, avendo cura di:
Nell’ambulatorio infermieristico di Wound Care del Distretto Socio Sanitario Unico di via Ancona a Taranto spesso vengono trattati pazienti reduci da incidente stradale o sottoposti ad assunzione di warfarin.
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La valutazione di una lesione è un atto complesso che richiede una pluralità di competenze e conoscenze cliniche. È oggi più importante che mai sfidare gli attuali paradigmi di valutazione ed estendere le conoscenze relative alla valutazione della lesione oltre il suo margine. È essenziale che la valutazione di una lesione sia esaustiva, sistematica e basata sulle evidenze. Deve poter fornire le informazioni di base attraverso le quali gli infermieri Wound Care possano descrivere in dettaglio e registrare lo stato attuale della lesione, fissare obiettivi realistici di trattamento e monitorare il progresso nel tempo avvalendosi di interventi appropriati. Attualmente, sono disponibili numerosi strumenti di valutazione della lesione; tuttavia, le evidenze suggeriscono che siano ancora numerosi i pazienti che non ricevono una valutazione esaustiva e adeguata della lesione, il che può determinare un trattamento tardivo o inappropriato e prolungare l’impatto negativo che la lesione ha sul soggetto.
L’esperto Wound Care, esamina la lesione utilizzando la scala di valutazione più appropriata:
La Classificazione Colore e la Wound Bed Score sono due scale che possono essere applicate nella maggior parte delle lesioni, sia acute che croniche.
La valutazione della lesione, continua con la valutazione di:
Una valutazione inappropriata o inaccurata può determinare un ritardo nella guarigione della lesione, un aumentato rischio di infezione, un uso inappropriato delle medicazioni e una riduzione della qualità della vita dei pazienti. Una gestione ottimale della lesione richiede che si ponga attenzione a tre elementi principali:
Capita molto spesso, che durante la gestione della lesione del paziente, si verifichi emorragia dovuto all’ assunzione del farmaco warfarin prescritto dal medico. Il Warfarin ,infatti,viene utilizzato per prevenire la formazione o evitare l’accrescimento di coaguli nel sangue. In particolare, i medici lo prescrivono in presenza di battito cardiaco irregolare, di infarto, in presenza di protesi valvolari. Dal punto di vista della prevenzione, questo farmaco viene prescritto per cercare di evitare il formarsi di trombosi venose e di embolie polmonari.
L’assunzione di warfarin può causare però, gravi emorragie, cancrena o necrosi. Per tamponare l’ emorragia pertanto , l’ infermiere wound Care esercita una compressione sulla lesione, utilizzando uno spesso strato di garze sterili fino al completo arresto dell’emorragia stessa. Successivamente procede con l’ applicazione della medicazione adeguata in base alla valutazione della lesione. Capita spesso ,però ,che l’ emorragia non si arresti facilmente richiedendo anche la consulenza del medico specialista, in quanto il rischio del sanguinamento massivo è che porti rapidamente la persona a uno stato di shock, durante il quale diventa poi più difficile ripristinare una condizione di stabilità.
La valutazione delle competenze e la nuova ridefinizione sono il fondamento per lo sviluppo e il miglioramento delle performance professionali. Le competenze intese come conoscenze, capacità, abilità e comportamenti sono un valore aggiunto al professionista. La competenza è l’insieme delle conoscenze teoriche e pratiche, delle abilità e delle capacità che consentono a un individuo un adeguato orientamento in uno specifico campo di azione. Essa si connota come conoscenza in azione. Emerge la componente operativa, ossia la presenza di un costante orientamento a sapere e saper fare, anche in situazioni contraddistinte da un elevato livello di complessità. La competenza dunque risiede nella capacità del soggetto di porre in atto, gestire, coordinare e monitorare le attività comprese in un’area di attività, intesa come un insieme di attività omogenee e integrate, orientate alla produzione di un risultato ed identificabili all’interno di un determinato processo (Massai et al., 2007).
Si evidenziano pertanto, le responsabilità dell’ esperto Wond Care.
Nel mondo del wound care, esistono ambiti che non sono netti, ma che presentano numerose sfumature, per cui il professionista è tenuto a conoscere la propria autonomia, i propri limiti e le proprie competenze.
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