Dietro una pratica come questa si nasconde una fortissima discriminazione di genere. L'infibulazione però non è una mutilazione che avviene soltanto nei Paesi lontani: si stima che in Italia sono circa 40mila le donne che l'hanno subita
In Italia è in vigore la Legge "Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminile" che recita: chiunque pratichi l'infibulazione è punito con la reclusione da 4 a 12 anni, pena aumentata di un terzo se la mutilazione viene compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro. La legge risale al 2006 e introduce nel codice penale l'art. 583-bis che appunto punisce con la reclusione da quattro a dodici anni chiunque cagiona senza scopo terapeutico una mutilazione o lesione degli organi genitali di donne o ragazze (infibulazione). Come si definiscono pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili? Esistono la clitoridectomia, l'escissione o l'infibulazione e ogni altra pratica che produca gli stessi effetti: dolori durante i rapporti sessuali e riduzione della sensibilità, la penetrazione può risultare difficile se non impossibile e in certi casi bisogna praticare un altro taglio. Tale norma punisce anche con la reclusione da tre a sette anni, chiunque provochi al fine di mutilare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate nel primo comma senza finalità terapeutiche, causando così malattie fisiche o psichiche. In base al principio di extraterritorialità, queste disposizioni si applicano anche quando il reato è commesso all'estero da un cittadino italiano o da uno straniero residente in Italia e anche nei confronti di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia: tal caso il trasgressore è punito su richiesta del Ministero della giustizia (come la storia del padre di due bambine, residenti a Piacenza, portate in "vacanza" in Africa e sottoposte alla pratica dell’infibulazione: è accaduto nel 2021). La normativa prevede anche che ci siano attività di prevenzione tra cui campagne informative per le persone migranti provenienti da Paesi in cui si praticano mutilazioni genitali femminili, la promozione di programmi di formazione per gli insegnanti delle scuole primarie e medie e, nell'ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo e in accordo con i Governi interessati, l'attuazione di programmi di formazione e informazione dedicate alle popolazioni locali, volti a disincentivare le mutilazioni genitali femminili e, infine, la creazione di centri antiviolenza che possano ospitare giovani donne che vogliono sfuggire alle mutilazioni genitali femminili o donne che desiderano aiutare le loro figlie minorenni a sfuggire all'infibulazione.
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Prendendo la definizione riportata da Save The Children, per infibulazione si intende la mutilazione genitale femminile che prevede la rimozione totale o parziale degli organi genitali femminili esterni. In particolare l'infibulazione (dal latino fibula, spilla) è una pratica, che spesso prende le forme di un rituale. In questo modo i rapporti sessuali diventano impossibili fino alla defibulazione (cioè alla scucitura della vulva), che in queste culture, viene effettuata direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio. Le puerpere, le vedove e le donne divorziate sono sottoposte a reinfibulazione con lo scopo di ripristinare la situazione prematrimoniale di "purezza". I rapporti sessuali per le donne e le ragazze che subiscono l'infibulazione diventano dolorosi e difficoltosi: la pratica ha infatti lo scopo di impedire alla donna di conoscere l'orgasmo derivante dalla stimolazione del clitoride. Non è una pratica medica, ma nonostante ciò è ancora diffusa tradizionalmente in almeno 30 Paesi. Si tratta di una pratica che non ha benefici per la salute di ragazze e donne e causa gravi emorragie e problemi a urinare, e successivamente cisti, infezioni e complicazioni durante il parto, compreso l'aumento del rischio di morte neonatale. La pratica dell'infibulazione è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani delle ragazze e delle donne: riflette l'idea radicata della disuguaglianza tra i sessi e costituisce una forma estrema di discriminazione nei confronti delle ragazze e delle donne. Viene quasi sempre eseguita da professionisti su bambine e adolescenti e, oltre a violare i diritti dei bambini, viola anche i diritti alla salute, alla sicurezza e all'integrità fisica, il diritto di essere liberi da torture e trattamenti crudeli, inumani o degradanti e il diritto alla vita, nei casi in cui la procedura causi la morte. In diversi territori c'è anche il coinvolgimento di operatori sanitari nell'esecuzione delle mutilazioni genitali per via della convinzione che la procedura sia più sicura quando medicalizzata. Ma non è così. Le mutilazioni genitali femminili sono classificate in 4 tipi principali: La rimozione parziale o totale del glande del clitoride (la parte esterna e visibile del clitoride, che è una parte sensibile dei genitali femminili) e/o del prepuzio/cappuccio del clitoride (la piega della pelle che circonda il glande clitorideo). La rimozione parziale o totale del glande del clitoride e delle piccole labbra (le pieghe interne della vulva), con o senza rimozione delle grandi labbra (le pieghe esterne della pelle della vulva). L'infibulazione: il restringimento dell'apertura vaginale attraverso con un sigillo di copertura, sigillo che si crea tagliando e riposizionando le piccole labbra, o le grandi labbra, a volte con una sutura, con o senza rimozione del prepuzio clitorideo/cappa clitoridea e del glande. Tutte le altre procedure dannose per i genitali femminili per scopi non medici ma invece dettati dalla cultura.
Alcune donne chiedono di essere reinfibulate dopo ogni parto, facendo ricucire insieme i lembi separati. Accade perché le mutilazioni genitali femminili non sono praticate in un vuoto culturale. Praticamente ogni cultura che abbraccia la tradizione dell'infibulazione la svolge nel contesto di una cerimonia molto elaborata che per molte persone è una vera e propria iniziazione alla femminilità. Una donna non infibulata può essere vista da coetanei e potenziali coniugi come meno donna, impura e sleale e di conseguenza, le donne sono spesso le prime sostenitrici della pratica. In molti casi, il rito della mutilazione è associato all'identità religiosa di una donna. Una popolare giustificazione per la circoncisione degli uomini e la mutilazione delle donne è la convinzione che il prepuzio maschile e il clitoride femminile rappresentino rispettivamente elementi femminili e maschili e debbano essere asportati per evitare confusione di genere: "Il clitoride della ragazza è infatti un gemello simbolico, un espediente maschile con il quale non può riprodursi, e che, al contrario, le impedirà di accoppiarsi con un uomo", ha spiega Ogotemmêli, un anziano della popolazione dei Dogon, che risiedono nello stato africano del Mali. Dal momento che le mutilazioni possono diminuire la libido (anzi, è il loro scopo), molti vedono la procedura come un mezzo per prevenire la promiscuità. Un altro leader della popolazione dei Dogon sostiene che "Gli (uomini) incirconcisi non pensano ad altro che alla promiscuità". Sono punti di vista che illustrano il significato profondo che le mutilazioni possono avere per chi le subisce: non possono, tuttavia, rispondere alla domanda circa il diritto di un medico straniero di esprimere un giudizio morale sulle scelte dei propri pazienti, soprattutto se è informato da valori culturali profondamente radicati nel territorio in cui opera. Il principio di autonomia impone ai medici di rispettare il diritto all'autodeterminazione dei loro pazienti: la loro cura deve essere parallela ai valori, agli interessi e ai desideri dei pazienti. Fattori che sono in larga misura costrutti culturali, infatti i medici sono obbligati a rispettare le differenze culturali e, quando possibile, a onorarle e persino a imparare da esse. L'estremo capo di questa prospettiva - il relativismo culturale - sostiene che tutte le culture e le loro pratiche sono ugualmente valide e che è improprio giudicare un'altra cultura o, peggio, imporre la propria. Il rispetto dell'autonomia e della cultura di una paziente che chiede l'infibulazione, tuttavia, non esclude la condanna della pratica della mutilazione genitale. Uno studio recente condotto nel Sudan centrale indica un crescente disincanto nei confronti della pratica dell'infibulazione tra le giovani madri che mette in luce il carattere discutibile di una tradizione come questa. Inoltre, esistono precedenti rispetto ai giudizi sulle altre culture e su come hanno trattato e trattano le donne. Esempi che includono l'opposizione occidentale alla schiavitù sessuale nell'Europa orientale, gli stupri di massa delle donne bosniache e la selezione del sesso prenatale e l'infanticidio femminile in Cina. Le influenze delle culture occidentali hanno svolto un ruolo importante, anche, nella decostruzione della pratica della fasciatura dei piedi, sempre in Cina.
La mutilazione genitale femminile viene eseguita principalmente tra l'infanzia e l'adolescenza e, occasionalmente, su donne adulte. Secondo i dati disponibili provenienti da 30 paesi in cui le mutilazioni sono praticate nelle regioni occidentali, orientali e nord-orientali dell'Africa e in alcuni paesi del Medio Oriente e dell'Asia, più di 200 milioni di ragazze e donne che vivono oggi sono state sottoposte alla pratica con più di 3 milioni di ragazze stimate come a rischio di mutilazione ogni anno. I fattori culturali e sociali dietro l'infibulazione variano da una regione all'altra e nel tempo, variano a seconda delle famiglie e delle comunità. Laddove le mutilazioni sono una convenzione sociale, la pressione sociale a conformarsi a ciò che gli altri fanno e hanno fatto, così come il bisogno di essere accettati socialmente e la paura di essere rifiutati dalla comunità, sono forti motivazioni per perpetuare la pratica. Le pratiche di mutilazione genitale per le donne sono spesso considerate una condizione necessaria perché una ragazza cresca "bene" e un modo valido per prepararla all'età adulta e al matrimonio; tenendo il controllo sulla sua sessualità serve a promuovere la verginità prematrimoniale come valore e la fedeltà coniugale dopo il matrimonio. Alcune persone credono che la pratica abbia un valore religioso sebbene nessuna scrittura religiosa ne parli (i leader religiosi e spirituali infatti assumono posizioni contrastanti). Nel 2008, l'Assemblea mondiale della sanità ha approvato la "risoluzione WHA61.16" sull'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili, sottolineando la necessità di un'azione concertata di tutti i settori: sanità, istruzione, finanza, giustizia e questioni di genere. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sviluppato linee guida e risorse per gli operatori sanitari in modo da prevenire le mutilazioni e da gestirne le complicazioni, sostenendo i Paesi ad adattare e implementare queste risorse ai diversi contesti locali.
Save The Children ha raccolto la testimonianza di Saada, una bambina di 11 anni che ne aveva solo sette quando nello stato di Harari ha impedito a un'amica di sottoporsi alle mutilazioni, avvertendola dei rischi di infezione, perdita di sangue e dei pericoli in caso di futuro parto. I genitori della sua amica hanno parlato con lei e la sua famiglia e hanno deciso di non proseguire con la procedura. “La mia amica venne da me per dirmi che sarebbe stata sottoposta a questa pratica. Ero così preoccupata per lei. Pensavo che l'avrei persa perché sarebbe morta. La sua famiglia non sapeva quanto fosse grave. Le ho raccontato tutte le storie che avevo sentito: se una ragazza viene mutilata, perderà troppo sangue, potrebbe infettarsi e poi avere problemi quando partorisce”, ha raccontato Saada. Quando la famiglia della sua amica ha saputo che era stata Saada a darle quelle informazioni, le ha voluto parlare. "La sua famiglia è venuta a casa mia e siamo riusciti a convincerli a non farlo", ha continuato la bambina, "Se fosse morta, mi sarebbe mancata troppo".