Napoli, 17 settembre 1943. L’armistizio con le forze alleate era stato firmato poco più di una settimana prima, ma qualche bombardamento c’era ancora. E tra tanti che la storia non registra ce ne fu uno sopra Monte di Dio, che colpì anche Palazzo Serra di Cassano. La bomba, a quanto pare, rimase inesplosa, conficcata in un tombino del cortile. Ma tutto il palazzo, anzi, tutto il quartiere, si spostò nel rifugio antiaereo del tunnel borbonico. Qui, alle 22 di quella notte, nacque una bambina: si chiama Caterina (Ketty) Longano, oggi ha 79 anni e vive a Novara con suo marito Raffaele . È mamma di Ileana e Deborah e nonna di quattro nipoti. Sarà a Napoli in video stasera alla Galleria Borbonica per lo spettacolo “Ventris tui” dove racconta la sua storia. «Tutta la mia famiglia, compresi i miei nonni e i miei zii, abitava a Palazzo Serra di Cassano. Mia mamma Anna aveva trent’anni, papà Alberto era militare di stanza a Nocera, in un convento di cappuccini, quando quel giorno le si ruppero le acque e dovette scappare giù con gli altri a causa del bombardamento. Mio zio allestì in un angolo una specie di sala parto mettendo dei chiodi a reggere le lenzuola di mamma, per darle un po’ di intimità».
Il tunnel era direttamente comunicante con Palazzo Serra di Cassano , c’erano però duecento, ripidi scalini da scendere. E lì, mentre Anna era in travaglio, si formò un cordone di bambini e ragazzi che portavano su e giù le bacinelle d’acqua per il parto. «Tra loro – spiega Ketty – c’era anche il futuro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (che all’epoca aveva diciotto anni, ndr ). Lui non l’ho mai incontrato, chissà se sa che quella bambina che ha aiutato a nascere ero io ».
Ketty racconta di essere nata nel silenzio più assoluto, senza festeggiamenti per non insospettire i tedeschi . «Pesavo poco più di due chili e non sapevano nemmeno se ce l’avrei fatta. Mamma diceva continuamente alla levatrice, la signora Circelli che l’assisteva insieme con l’amica Anna Isticato, che allora aveva solo 14 anni e oggi è 96enne, di pensare alla bambina e non a lei. Quando nacqui la signora Circelli mi battezzò, perché erano sicure che non ce l’avrei fatta. Pesavo sui due chili, ero come un pollo». Invece Ketty ce la fece, nutrita a stento, restando sottoterra con la mamma oltre due settimane. «Mamma non aveva latte, prendevano un batuffolo di ovatta e l’avvolgevano nella garza, poi lo chiudevano con un filo e come se fosse un ciuccio me lo davano, dopo averlo bagnato in acqua e zucchero o nel succo di bucce di mele bollite. È andata avanti così fino a quando non si riuscì a trovare latte in polvere. Lo portava papà e mi commuove ancora ricordare che rinunciava alla cena dai monaci per darla a mamma, che non aveva niente». L’involucro della bomba finita nel cortile divenne un porta-piante di casa secondo i ricordi di Ketty, che solo tre anni fa ha fatto visita alla Galleria Borbonica, dove c’è ancora l’angolo del parto e un manichino su una brandina a ricordare il travaglio della mamma Anna Iaccheo.
«Mio padre non ha mai voluto farmi oltrepassare la porticina che dava al tunnel, diceva che ci lavorava un falegname e non voleva disturbarlo . Poi sono andata a vivere a Novara con mio marito, chiamato a lavorare da La Scala che conosceva la ditta del patrigno, la Sorrentino di trucchi e parrucche del San Carlo. Un giorno, a mia insaputa, Raffaele prenotò i biglietti per la Galleria Borbonica». «Mentre eravamo in fila una guida lo sentì dirmi: “Però dovrebbero saperlo che sei nata qua!”. Alla fine del giro ci presentò a Marco Minin (che gestisce il sito), non ci credeva che fossi proprio io l’unica bambina nata lì. Allungai la mano e dissi: piacere, sono Ketty. Lui iniziò a saltellare, per me fu un’emozione grandissima, piangevo come una disperata», conclude Ketty.
La sua storia sarà portata in scena alle 21 di questa sera (con repliche il 22 e 29 dicembre) nella Galleria Borbonica dall’Associazione Arabesque con l’attrice Angela De Matteo, la direzione artistica di Annamaria Di Maio, la drammaturgia e regia di Michele Casella, le coreografie di Francesca Gammella. «Nello spettacolo, realizzato per Altri Natali del Comune di Napoli – spiega Annamaria Di Maio - ci sono installazioni viventi con sette performer di danza, il violino di Alessia Viti e la tamborra di Pina Valentino». «Oltre al mito di Maria e quello di Danae, ci sarà la storia di Stephanie, migrante che partorisce durante la fuga in mare e poi Ketty in video. La sala parto accanto ai duecento scalini è proprio il luogo dove faremo la performance alla fine del percorso».
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