Se vi dicono "salsiccia di funghi" penserete subito a un alimento vegano... No, queste strutture tubolari di origine naturale allo studio di un'università londinese potrebbero rappresentare uno dei materiali da costruzione del futuro.
Aleksi Vesaluoma, studente della Brunel University London, ha "coltivato" e sviluppato gli strani e oblunghi cilindri che vedete nelle foto in questa pagina in collaborazione con gli architetti di Astudio. Sono a base di miceli, gli intrecci di filamenti che costituiscono l'apparato vegetativo dei funghi e che si diffondono nel terreno in cerca di nutrienti per sostenere la parte più esterna, quella che vediamo spuntare dal suolo.
Vesaluoma ha selezionato miceli di orecchione (Pleurotus ostreatus) una comune specie di fungo, che ha mischiato con cartone umido. Crescendo, il fungo ha mangiato il cartone, demolendolo in particelle più piccole e facili da modellare, cementate come se a tenerle fosse una colla.
Inserito in una garza di cotone tubolare - l'equivalente del budello per le salsicce - il materiale fungino rimane piegabile e forgiabile a piacimento per quattro settimane, mentre diventa sempre più denso e resistente. Il prodotto finale è 10 mila volte meno rigido di un mattone tradizionale, ma può essere caricato del peso di 50 auto.
Mensola con risotto. Inoltre è biodegradabile e produce, in superficie, funghi commestibili. Potrebbe quindi essere impiegato, per esempio, come scaffalatura-dispenser di funghi... Ma lo scenario più probabile è che le salsicce di fungo possano servire, in futuro, a costruire impalcature e ponteggi provvisori, da montare e smontare in fretta. Se fossero abbastanza resistenti, sarebbe un modo per costruire con poca spesa e senza inquinare.
Hydnellum peckii. Non sono piante, perché non fanno la fotosintesi. Eppure spuntano dal terreno, nascono da “semi” (le spore)... ed è ovvio che non siano animali. Sono i funghi. Questo può assomigliare (con un po' di fantasia!) a una torta di panna ricoperta di cigliegine. Ma è indigesto e molto amaro (soprattutto il liquido rosso). Non vi avvelenerà, molto probabilmente, ma chi si mangia una tal schifezza? È comune anche nei boschi italiani.
Lactarius indigo. I Per studiarli, si classificano in un regno a parte, il cosiddetto Quinto regno. Questo è diffuso in America e in Estremo Oriente. Rilascia un lattice di colore blu che, a contatto con l'aria, diventa verde. Commestibile.
Laccaria amethystina. Piccolo, appariscente e pericoloso. E molto comune. Il paradosso è che l’unico modo per sapere se un fungo è commestibile o no è... mangiarlo. Ed è inutile usare qualche animale come cavia. Infatti non si trovano mai lumache morte intorno a una Amanita phalloides (velenosissima per noi), anche se la mangiano regolarmente.
Gyromitra esculenta. Da crudo è mortale; cotto, velenoso. Anche se sembra un cervello, meglio stargli alla larga. «Non esistono test scientifici sulla commestibilità dei funghi» spiega Giorgio Bardelli, ricercatore del Museo di Storia Naturale di Milano e studioso di funghi. «Possono contenere moltissime sostanze, che si rivelano tossiche per il nostro organismo perché colpiscono organi diversi: intestino, reni, sistema nervoso... A volte la singola sostanza non fa nulla. Ma associata ad altre, presenti nello stesso fungo o in altri esemplari consumati insieme, diventa tossica».
Mutinus caninus. Odore sgradevole, forma che assomiglia a una sigaretta. Nel 1938 Albert Hofmann sintetizzò l'Lsd (acido lisergico) dall’ergot, un fungo parassita della segale. Nel 1954 lo scrittore Aldous Huxley, dopo aver ingerito il peyote (in realtà non un fungo, ma un cactus allucinogeno del Centro America), raccontò l’esperienza visionaria nel libro Le porte della percezione: ad esso si ispirò il gruppo musicale dei Doors (porte) nella scelta del proprio nome.
Genere Cookeina. Le "orecchie" pelose di un fungo originario del Borneo.
Rhodotus palmatus. Specie non comune e non commestibile, è inconfondibile per il suo colore albicocca.
Phallus impudicus. Il nome la dice tutta di questo comune fungo europeo dalle forme evocative. I funghi allucinogeni (e quello nella foto non è un fungo allucinogeno) non sono una moda di oggi. Le più antiche testimonianze di uso divinatorio dei funghi allucinogeni sono alcune pitture rupestri del Tassili (Algeria). Risalgono a 9 mila anni fa e ritraggono sciamani che assumono funghi e altri che ne hanno il corpo cosparso, scene di raccolta e di adorazione di funghi magici.
Hericium erinaceus. Sembra un cane bagnato. Lo si trova nel Nord America.
Phallus indusiatus. In Asia ha fama di afrodisiaco. Abbastanza raro, è considerato una prelibatezza. In Messico veniva usato dagli stregoni per i loro vaticini, mentre in Nuova Guinea è considerato un fungo sacro. Eccolo mentre si sviluppa.
Amanita caesarea. Volgarmente conosciuto come ovolo buono. È considerato il “più buono di tutti”: caesarea, significa dei cesari, cioè dei re. Pregiatissimo e raro, è facile da identificare quando aperto. La sua raccolta da chiuso, allo stato di “ovulo”, è però vietata perché confondibile con l'Amanita phalloides che è velenoso.
Amanita caesaria. In alcune fasi del suo sviluppo - allo stadio di ovulo - assomiglia a un uovo sodo.
Clathrus ruber. Lo sentite prima di vederlo. Questo particolare fungo, infatti, emana un odore cadaverico abbastanza fastidioso, avvertibile anche a distanza.
Amanita muscaria. Il livello di tossicità di un fungo è estremamente variabile. E non solo da specie a specie, ma da individuo a individuo, dal luogo di raccolta e perfino da certe modalità di conservazione. In Siberia l'Amanita muscaria (il fungo “delle favole” in questa foto) è un fungo allucinogeno. Lo stesso fungo, alle nostre latitudini, provoca solo mal di pancia. Al punto che, in alcune zone del Trentino, si usa consumarlo, dopo aver tolto la cuticola del cappello (dove sembra si concentri la tossina) e averlo conservato per mesi sotto sale. I Chuckhi della Siberia, i Lapponi, gli Eschimesi, usano tutti lo stesso “farma
Amanita muscaria. Chuckhi della Siberia, i Lapponi, gli Eschimesi, usano tutti lo stesso “farmaco” magico: l’Amanita muscaria. Il tossico fungo dal cappello rosso a pallini bianchi è consumato per le sue proprietà alluci- nogene, nella convinzione che dia poteri di chiaroveggenza e avvicini a percepire la realtà divina. Non a caso, in Alice nel paese delle meraviglie, Lewis Carroll diede a quel fungo il potere di cambiare dimensioni – e percezioni – alla protagonista.
Mycena chlorophos. I funghi sono divisi in 5 grandi gruppi (o classi). I primi 3 gruppi hanno struttura più primitiva: sono unicellulari oppure hanno le ife costituite da cellule che sono solo parzialmente divise una dall’altra. CITRIDI. Vivono soprattutto in ambienti acquatici. La gran parte sono microscopici. ZIGOMICETI. Sono in gran parte muffe che vivono su materiali in decomposizione. GLOMEROMICETI. Sono invece per la maggior parte funghi capaci di entrare in simbiosi con le piante per favorire l’assorbimento di nutrienti dal terreno. ASCOMICETI. Comprendono i saccaromiceti e altri lieviti, ma anche le cosiddette muffe verdi. BASIDIOMICETI (circa 30 mila specie). Sono quelli che noi intendiamo normalmente per funghi.
Entoloma hochstetteri. Il vero fungo (l’organismo che produce i “cappelli con gambo” che si mangiano) è sottoterra e può estendersi per molti ettari.
Tremella mesenterica. Ci sono specie di funghi capaci di vivere a 60° e altri fino a -60°: ecco perché sono “operai perfetti” per molte produzioni industriali.
Mycena interrupta. Impropriamente, chiamiamo fungo il corpo fruttifero, cioè il portatore di spore (che poi sono i semi del fungo). Qualche centimetro sotto terra, e per una estensione che può raggiungere migliaia di metri quadrati, si trova il micelio, il fungo vero e proprio. Ecco perché cercatori esperti conoscono l’ubicazione delle fungaie, terreni che, periodicamente, producono funghi: in realtà, conoscono la posizione del micelio, che può sopravvivere per molti anni. Si calcola che il fungo più grande del mondo, un esemplare di Armillaria ostoyae il cui micelio occupa 900 ettari nei boschi dell’Oregon, abbia oltre 2.000 anni di età.
FamigliaPhallaceae. Si tratta di un fungo originario dell'Equador.
Un fungo “a mensola” su un tronco. I funghi di questo tipo sono parassiti di piante.
Sono essenziali alla vita. E scusate se è poco. Gli esseri viventi, a partire dalle piante, hanno bisogno di azoto per produrre le proteine e gli amminoacidi necessari al loro accrescimento. Nonostante l'azoto costituisca l'80% dei gas atmosferici, in forma gassosa non è però facilmente assimilabile per le piante. Alcuni batteri del suolo come il Rhizobium suppliscono allora a questo compito. Questi batteri entrano in simbiosi con le piante - in particolare con le leguminose - creando noduli nelle radici (vedi foto) dove avviene la fissazione dell'azoto atmosferico in ammoniaca e altri composti facilmente assimilabili. In cambio, i batteri ricevono dalla pianta carboidrati, e proteine. Senza il loro prezioso supporto, l'intera catena alimentare terrestre non funzionerebbe.
Foto: © Inga Spence/Visuals Unlimited/Corbis
Decompongono e riciclano. Ad alcuni farà un po' storcere il naso, ma è compito dei batteri dissolvere piante e animali (uomo incluso) dopo la loro morte. Alcuni, come i batteri Firmicutes o i Proteobacteria sono noti per intervenire nei processi di putrefazione. Ma molti altri, secondo i biologi, devono ancora essere scoperti: è possibile che molti ceppi batterici collaborino nel trarre energie e nutrienti da corpi che naturalmente si scompongono in forme più semplici.
Foto: © Anup Shah/Nature Picture Library/contrasto
Ci salvano la vita. Nel 1928, in una delle scoperte casuali più fortunate della storia della medicina, il batteriologo scozzese Alexander Fleming si accorse che una coltura di batteri (strafiloccocchi) era stata attaccata e debellata da una sostanza sviluppatasi da un alimento ammuffito, il fungo Penicillium. Nasceva così la penicillina, che avrebbe salvato la vita a tanti soldati colpiti da infezioni durante la Seconda Guerra Mondiale. Altri funghi sono serviti, nel tempo, per la produzione di antibiotici, come la Vancomicina, prodotta a partire da un batterio del suolo del Borneo nel 1952. Nella foto al microscopio il Penicillium roqueforti, una muffa commestibile che rende delizioso il formaggio Roquefort.
Foto: © Visuals Unlimited/Nature Picture Library/contrasto
Rivelano gli autori di un crimine. Non ci sono solo le impronte digitali a testimonianza di un avvenuto misfatto: tecniche di investigazione sempre più avanzate puntano a riconoscere ladri e killer dalla caratteristica flora batterica che ogni essere umano si porta appresso. Una traccia unica e irripetibile, paragonabile a una vera e propria "impronta" identificativa, dalla quale si può scoprire anche se un cadavere è stato spostato, da quanto tempo la vittima è morta e quante persone avesse accanto al momento del decesso. Nella foto, l'impronta di una mano umana con annesse colonie batteriche.
Foto: © David Spears FRPS FRMS/Corbis
Regalano dolci rimedi. Nel 2005, alcuni scienziati dell'Università di Lund, in Svezia, hanno identificato 13 specie di batteri presenti nel miele selvatico che proteggono le api da agenti patogeni pericolosi per la loro salute. Le virtù curative del miele sono note da secoli, ma ora si scoprono le basi scientifiche di queste proprietà, che potrebbero essere sfruttate per confezionare rimedi alternativi ai farmaci tradizionali. Il miele: come si fa e come sceglierlo
Foto: © Konrad Wothe/Minden Pictures/contrasto
Tengono in salute il nostro intestino. Il quale, come sappiamo, è un campo di battaglia tra batteri, che ne regolano il funzionamento e lottano per mantenere un equilibrio. I probiotici, organismi vivi come i vari ceppi di Lactobacillus che ogni giorno assumiamo attraverso alimenti specifici, come gli yogurt, possono aiutare a mantenere questo equilibrio, curare i sintomi di alcune patologie, come le infiammazioni intestinali, e ristabilire la corretta flora batterica, dopo - per esempio - una terapia antibiotica. Il batterio Lactobacillus reuteri contenuto nel latte materno, secondo l'Università di Bologna, aiuterebbe a prevenire le coliche intestinali dei neonati. Nella foto, campioni di Lactobacillus acidophilus.
Foto: © Visuals Unlimited/Nature Picture Library/contrasto
Servono a "fabbricare" proteine. Nel campo delle biotecnologie, e in particolare nella tecnologia del DNA ricombinante, frammenti di DNA umano che codificano per specifiche proteine sono inseriti in batteri comuni sfruttati come cellule ospiti, come l'Escherichia coli. Simili procedimenti sono sfruttati per produrre - per esempio - insulina umana, di cui qui sopra vediamo un cristallo.
Foto: © Dennis Kunkel Microscopy, Inc./Visuals Unlimited/Corbis
Producono energia pulita. Ricercatori dell'Università di Stanford hanno prodotto una batteria che genera elettricità grazie al lavoro di "digestione" di alcuni batteri nutriti a scarti animali e vegetali. Un secondo esperimento dello stesso centro di ricerca lavora alla produzione di gas metano rinnovabile, che non intacchi le riserve di gas naturale, nutrendo colonie batteriche con l'anidride carbonica raccolta dall'atmosfera (potete vedere l'impianto nella foto). Gli scienziati della Penn State University stanno lavorando a pile a combustione microbiologica, che generino corrente grazie a batteri che lavorano su scarti organici. Mentre alla Columbia University, un piccolo motore a batteri ha messo in moto un prototipo di automobilina.
Foto: © Mark Shwartz, Precourt Institute for Energy, Stanford University
Ci faranno... volare. Muffe particolarmente voraci potrebbero produrre una alternativa economicamente sostenibile ai biocarburanti finora conosciuti. Scienziati della Washington State University hanno appena messo a punto un sistema per produrre propellente per aerei a partire da un fungo, l'Aspergillus carbonarius, comunemente presente nel suolo, nelle foglie e nei frutti ammuffiti. Nutrito con farina d'avena, paglia di grano e rimanenze della produzione di mais il fungo ha prodotto idrocarburi simili a quelli usati per produrre propellenti nel campo dell'aviazione. Una alternativa pulita per uno dei settori più inquinanti nei trasporti. I trucchi per conservare il cibo più a lungo
Foto: © Dan Burton/Nature Picture Library/contrasto
Ripareranno le crepe di nelle strade. I ricercatori della Delft University of Technology (Olanda) stanno lavorando a un nuovo tipo di bio-asfalto contenente capsule di batteri che, a contatto con l'acqua, producano calcare, riempiendo così eventuali fratture formatesi sulla superficie. L'idea è venuta osservando il comportamento di alcuni batteri super resistenti, naturalmente presenti nei laghi alcalini vulcanici che, a contatto con l'acqua, producono calcare.
Foto: © Kate Ter Haar, Flickr
Vengono da molto lontano. D'accordo, questa non è una vera applicazione pratica, ma rappresenta un motivo in più per interessarsi allo studio dei batteri più resistenti, capaci di vivere in ambienti inospitali, privi di ossigeno e con temperature proibitive (come l'archeobatterio che vedete in questa foto). Secondo i sostenitori della teoria della panspermia, la vita sulla Terra potrebbe essere stata portata da batteri provenienti da altre zone dello Spazio, traghettati sulla Terra da asteroidi e comete. Inoltre, lo studio di batteri particolarmente resistenti trovati nelle aree più inaccessibili del nostro pianeta potrebbe offrire spunti interessanti per la localizzazione di forme di vita primitive presenti, per esempio, su Marte o altri pianeti "terrestri". 11 destinazioni aliene sulla Terra
Foto: © Dr. Terry Beveridge/Visuals Unlimited/Corbis
Settant'anni fa, l'uscita di scena di Stalin chiudeva il trentennio più nero della Russia comunista. Dalla presa del potere al Grande Terrore, agli orrori della Seconda guerra mondiale, ritratto di un protagonista assoluto del Novecento. E ancora: dalle conchiglie alle carte di credito, la storia dei pagamenti; una giornata con gli scribi, gli artigiani e gli operai egizi nell'antico villaggio di Deir el-Medina; Nadežda Andreevna Durova, la nobildonna che, travestita da uomo, si arruolò negli Ulani per combattere contro Napoleone.
Ci siamo evoluti per muoverci e camminare, non per stare in poltrona. Per questo la vita sedentaria è causa di piccoli e grandi mali, dal dolore cervicale a quello alla schiena. Come combatterli? E ancora: gli abitanti della Terra sono aumentati di un miliardo in soli 11 anni, ma per mantenerci dovremo cambiare abitudini e consumi; la storia, ricostruita dalle analisi della mummia, di una donna vissuta in Egitto quasi 2.000 anni fa. Parlare da soli capita a tutti: si tratta di un fenomeno normale dovuto alla struttura del cervello, che pensa a parole.
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