Mummie egizie: la benda dimenticata su una bambina - Focus.it

2023-03-08 16:54:14 By : Mr. Xinquan Chen

La fasciatura sulla gamba di una bambina svela come duemila anni fa gli Egizi usassero bende per proteggere le ferite, non solo per avvolgere le mummie. 

Una bambina con una brutta ferita sulla gamba, medicata accuratamente con una benda. Non sarebbe una notizia se questa bambina non fosse vissuta quasi duemila anni fa nell'antico Egitto e il suo corpo non fosse stato mummificato, benda compresa. Proprio studiando la sua mummia, proveniente dalla cosiddetta Tomba di Alina, presso l'antica Hawara (regione di al-Fayyum), e oggi conservata al Museo Egizio di Berlino, è arrivata la prova che gli Egizi utilizzavano bende di lino per proteggere le ferite e non solo per avvolgere i loro defunti nel sofisticato rituale della mummificazione.

Colpa di un gatto? A esaminare la mummia, risalente al I-II secolo d.C. in un Egitto già diventato provincia romana, è stato il team di Albert Zink, direttore dell'Istituto per lo studio delle mummie di Eurac Research. Tramite la tomografia computerizzata (TC), che consente di "guardare" all'interno delle mummie senza bisogno di spogliarle dai complessi bendaggi della mummificazione, si è notata la presenza di una sorta di garza appena sopra la caviglia della gamba sinistra; al di sotto, tracce di quello che potrebbe essere pus essiccato.

Che cos'era successo? Probabilmente la bambina, dall'età compresa tra i due anni e mezzo e i quattro, era stata attaccata da un gatto riportando una ferita che qualcuno si era premurato di fasciare dopo che si era probabilmente riempita di pus. «Le prove che si tratta della medicazione di una lesione sono molto forti proprio perché ci sono segni di un'infezione sottostante», spiega Zink. Non è certo però se la ferita purulenta abbia contribuito alla morte della ragazza, e non è chiaro perché gli imbalsamatori abbiano "dimenticato" quella fasciatura durante l'imbalsamazione. «Non penso che sia l'unica prova di medicazioni di ferite su una mummia, ma questa è la prima che siamo riusciti a descrivere nei dettagli», precisa Zink, la cui ricerca è stata pubblicata sull'International Journal of Paleopathology.

magia e medicina. A commentare la scoperta è stato anche l'egittologo Mohammed Ghoneim dell'Università Al Maarefa in Arabia Saudita, che non ha partecipato direttamente alla ricerca ma che ha dichiarato: «Non stupisce il fatto che gli Egizi curassero le ferite con delle bende. Avevano una comprensione dettagliata di anatomia, chirurgia e medicina e potevano diagnosticare e curare con successo diverse malattie, anche se il confine tra magia e medicina non era poi così definito».  

Le arti mediche dell'Antico Egitto si spingevano ben oltre le pratiche di mummificazione. Molti approcci alla cura del paziente non erano così diversi dalle visite moderne. Anche nella terra dei faraoni, per esempio... Si prendeva il polso. Per sapere che appoggiando due dita sul polso è possibile sentire il battito cardiaco di una persona, è necessaria una minima conoscenza del sistema cardiocircolatorio umano. Il Papiro Ebers, un'importante raccolta di scritti medici egizi del 1550 a.C., contiene una descrizione del cuore come centro della circolazione sanguigna dell'organismo, e informazioni sul sistema vascolare attinte dalle operazioni di mummificazione. Con alcuni importanti limiti: pur capendone la connessione con il polso, il ruolo del cuore come "pompa" non era ancora ben compreso. Inoltre, si credeva presiedesse anche al trasporto di altri fluidi, come l'urina, il sudore e lo sperma.

Si utilizzavano gli assorbenti. Le donne egizie ricavavano tamponi interni con cotone di scarto o papiro ammorbidito, tenuti insieme da un filo arrotolato. Si usavano anche gli assorbenti esterni, ottenuti con dei panni. Nel Papiro Ebers si menziona anche un tampone a base di mollica di pane mischiata con acacia, che doveva avere proprietà anticoncezionali.

Si praticavano otturazioni dentali. I residui di sassi rimasti nel grano e l'onnipresente sabbia del deserto mettevano a dura prova i denti degli egizi, che riempivano le cavità scavate dalle carie con pezzi di lino disinfettati con curcuma, incenso, miele (dalle proprietà antibatteriche) e ocra. I medici egizi conoscevano le virtù anestetiche del freddo, tuttavia andare dal dentista, allora, non doveva essere proprio una passeggiata.

Foto: © Blue Lantern Studio/Corbis

"Giri la testa e tossisca!". La diagnosi di ernia per gli uomini avveniva con le stesse, imbarazzanti modalità delle visite odierne: con il medico che valutava se vi fossero rigonfiamenti nello scroto mentre il paziente dava un colpo di tosse. L'ernia inguinale è un cedimento della parete muscolare che contiene l'intestino, ed è spesso dovuta al compimento di sforzi eccessivi. Per gli egizi costruttori di piramidi e monumenti, era una patologia frequente, e spesso operata chirurgicamente, come rivelano alcune cicatrici trovate sulle mummie.

Foto: © Andrew Iverson, Flickr

Si operava alla cataratta. I più antichi esperti di un intervento chirurgico oggi considerato di routine, quello alla cataratta, furono, probabilmente, gli Egizi: nella tomba del faraone Khasekhemwy, appartenente alla seconda dinastia (fino al 2700 a.C. circa) sono stati rinvenuti degli aghi in rame destinati probabilmente alla rimozione del cristallino opacizzato. Il dipinto, copiato dalla tomba di Ipi a Deir el-Medina, Egitto, raffigura un medico intento a curare un'infezione oculare.

Foto: © Image: Gianni Dagli Orti/The Art Archive/Alamy

Si fabbricavano protesi. Sostituire le parti del corpo mancanti con appendici false era un'usanza diffusa nell'antico Egitto: il culto dei morti prevedeva che, nell'aldilà, ci si ritrovasse con il corpo avuto in vita, ed era importante arrivarci "tutti interi". Tuttavia, alcune protesi erano funzionali anche prima della dipartita. Come l'"alluce del Cairo", in legno e pelle, risalente a un periodo compreso tra il 1000 e il 600 a.C. Apparteneva a una donna e mostra segni di usura: la signora lo indossava per camminare.

Si andava a casa con una prescrizione medica. Menta, sale, finocchio, cipolla; rame, argilla, piombo, capelli, sangue, latte, letame: gli antichi trattati medici egizi sono pieni di indicazioni per i trattamenti delle patologie più comuni, con tanto di dosaggi e tempi di somministrazione. Si può quindi immaginare che i pazienti tornassero a casa con istruzioni precise su come curarsi, un po' come avviene oggi. Anche la figura del medico era piuttosto istituzionalizzata: l'accesso alla professione avveniva perfezionando le competenze trasmesse di padre in figlio presso le "Case della Vita", scuole affiliate ai vari templi in cui si studiava su antichi papiri. Durante l'Antico Regno (2686-2173 a.C.) i medici erano pagati dallo Stato, e forniti gratuitamente in caso di guerra.

Si eseguiva la circoncisione. Rito di passaggio, simbolo di purezza e di appartenenza all'élite - lo stesso Ra, il dio egizio del Sole, secondo il Libro dei Morti vi sarebbe passato - la circoncisione era prima di tutto, per gli antichi egizi, una norma igienica di base. Maniaci della pulizia personale, della depilazione e della cura del corpo, la praticavano abitualmente, e guardavano con curiosità gli uomini non circoncisi (l'essere circoncisi o meno costituì, si dice, un segno di riconoscimento tra soldati durante gli scontri di guerra con i libici). Sulla tomba di Ankhmahor, un visir della VI dinastia, a Saqqara, compaiono quelle che sono considerate le prime immagini storiche di una circoncisione. Risalgono al 2400-2300 a.C.

Foto: © Photo via Historium

Si finiva "sotto i ferri". Ascessi, tumori, fratture ossee, trapanazioni del cranio: gli egizi non operavano soltanto post mortem, ma erano capaci di operazioni chirurgiche a volte risolutive - come si deduce dalle cicatrici rimarginate mostrate su alcuni corpi imbalsamati. Il problema era che, senza trasfusioni di sangue a disposizione, il paziente moriva spesso dissanguato. I ferri chirurgici consistevano in strumenti di rame, avorio o l'affilatissima ossidiana, una pietra vulcanica adatta a lame affilate. Nella foto, un rilievo raffigurante strumenti medici sul Tempio di Haroeris, nella Valle del Nilo.

Oppiacei. L'estratto di papavero da oppio, mischiato a sostanze alcoliche come la birra, veniva probabilmente sfruttato per le proprietà sedative durante le procedure mediche. Si pensa che l'uso della capsula di questa pianta sia stato introdotto in Egitto intorno al 1500 a.C., grazie al contatto con i Sumeri. Tuttavia, non sembra che le sue proprietà fossero sfruttate a tal punto da creare dipendenza.

Foto: © The Rowe Hill Rovers, Flickr

Settant'anni fa, l'uscita di scena di Stalin chiudeva il trentennio più nero della Russia comunista. Dalla presa del potere al Grande Terrore, agli orrori della Seconda guerra mondiale, ritratto di un protagonista assoluto del Novecento. E ancora: dalle conchiglie alle carte di credito, la storia dei pagamenti; una giornata con gli scribi, gli artigiani e gli operai egizi nell'antico villaggio di Deir el-Medina; Nadežda Andreevna Durova, la nobildonna che, travestita da uomo, si arruolò negli Ulani per combattere contro Napoleone.

Ci siamo evoluti per muoverci e camminare, non per stare in poltrona. Per questo la vita sedentaria è causa di piccoli e grandi mali, dal dolore cervicale a quello alla schiena. Come combatterli? E ancora: gli abitanti della Terra sono aumentati di un miliardo in soli 11 anni, ma per mantenerci dovremo cambiare abitudini e consumi; la storia, ricostruita dalle analisi della mummia, di una donna vissuta in Egitto quasi 2.000 anni fa. Parlare da soli capita a tutti: si tratta di un fenomeno normale dovuto alla struttura del cervello, che pensa a parole.

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